martes, 4 de octubre de 2016

Fiammiferi: poemas de Canio Mancuso


Breve selección de poemas de Fiammiferi, del poeta italiano Canio Mancuso



La strada

Ti parlavo ma tu non mi ascoltavi
lo sguardo perso nella strada dove
tre scugnizzi in fuga si sfidavano
correndo tra le auto e gli abbai
rugginosi incazzati dei cani.
Li guardavi sparire nella sera
e avevi sulla fronte un ghirigoro
inquieto che screpolava
appena il tuo pudore.
Ho visto nel lampo di quella smorfia
il segno di un rimpianto
come un sigillo silenzioso.
L’ho visto oppure ho voluto vederlo
però qualche volta un figlio
magari stortarolo e disonesto
lo hai desiderato davvero.



Fiammiferi

Mio padre fabbricava
navi di fiammiferi
navi con troppe vele
e con troppi cannoni
belle perché non erano
metafora di niente.
Stava seduto a terra
con il broncio sospeso
sul docile cantiere
della sua arte sghemba
massacrando fiammiferi
che asciugava e incollava
a uno scheletro d’aria.
Come era contento
di soffiare il respiro
negli ossi di una nave
priva di oceani da immaginare.



Nidi

Mio padre distratto dalle rondini
smarrisce le carte del congedo.
Conosce la morte degli animali
così esatta e disinvolta
ma ha dimenticato la sua
sul comodino coi documenti.
Mio padre chiedeva una canzone allegra
e ha avuto un silenzio imperfetto:
ero io nascosto in una stanza
tra gli a capo sonnolenti dei libri.
Voleva un figlio dallo sguardo aperto
un figlio maschio che dormisse poco
e ne ha avuto uno che rimane sveglio
per godersi il riposo degli inconcludenti.
Sulla gigantografia del santo
che azzittiva la vallata
le rondini costruivano i nidi.
Mio padre seduto su una panchina
me li mostrò un pomeriggio
di settembre quei nidi
che io non avevo mai guardato.



Corso Garibaldi

Che gittata ha il domani
nei discorsi dei vecchi:
la politica, le armi
i destini del mondo
com’è bello fottere
e non comandare.
I vecchi camminano
con le mani sulla schiena
per tenerle lontane
dallo sfiato del sesso
e poi li senti dire
di una bella che passa:
Ciunna maledetta…
nel cuore ancora il fischio
dei sensi contromano.



Ascolto

Vuoi ancora parlarmi di Dio
con tutta la tua stanchezza insonne,
intrecci parole e melodie che non ricordi
sgrani il solito rosario
di nomi, i miei amici
che non hanno smarrito la strada
e hanno pure preso la laurea.
Non è un problema di fede:
crederei anche solo
per farti compagnia
ma basta un soffio di inquietudine
a prosciugare le vene a un abbraccio,
che sia per te o per Cristo non importa.
Ripeto, non c’entrano la salvezza
la redenzione, il conto da saldare
al camiciaio che rinvia la consegna
(sai che rispetto chi lavora piano).
Non dimentico i miracoli dell’acqua
che mi facevi bere per ripulire
le viscere e i pensieri.
È che mi manca il respiro pietoso
di chi ama il sentiero in ogni orma –
non dico il sollievo dell’ascolto –
e non ho mai imparato la bellezza
del tuo paese chiaro, necessario
dove il buio è il peccato più grande.